Nel disegno (come in ogni arte manuale) c’è una grande differenza tra i concetti di acquisizione e assimilazione. Acquisire significa capire teoricamente “come si fa” grazie a un insegnante o a un manuale. Assimilare, invece, vuol dire interiorizzare quel sapere, farlo diventare automatico. È come conoscere la teoria di un tratto o di una sfumatura e poi ripeterlo migliaia di volte finché il cervello lo rende spontaneo. Questa differenza è cruciale: riconoscere una tecnica e praticarla in modo costante conduce all’abilità vera.
Da molto tempo ormai si studia la capacità di apprendimenti del cervello umano, una funzione che continua per tutta la vita e che, come nel disegno, è messa costantemente alla prova. Un fumettista o un artista, qualsiasi cosa disegni, continua ad apprendere con la pratica, ma ovviamente deve prima comprendere i principi di una tecnica.
Acquisizione e assimilazione: cosa cambia?
In ambito psicopedagogico si distinguono due modi di apprendere. L’apprendimento “meccanico” (o da libro) consiste nel memorizzare regole e concetti senza integrarli profondamente, mentre quello significativo innesta i nuovi contenuti sulle conoscenze già esistenti. In altre parole, l’acquisizione è ricevere informazioni (ad esempio imparare a utilizzare la prospettiva o capire come realizzare un nuovo tratto), mentre l’assimilazione è collegare quelle informazioni a ciò che già sappiamo per renderle proprie e naturali.
Gli esperti di apprendimento motorio spiegano che imparare un gesto passa per tre fasi molto semplici: prima si capisce cosa bisogna fare (fase cognitiva), poi si pratica e si trova il modo migliore di muovere la mano (fase associativa), infine, dopo molte ripetizioni, il movimento diventa automatico (fase autonoma).
Con la pratica continua il corpo costruisce quella che chiamiamo “memoria muscolare”: il cervello rafforza le connessioni e il gesto si esegue più velocemente e preciso. Per esempio, studiare le proporzioni del corpo è utile, ma solo disegnando la figura centinaia di volte la mano impara i dettagli senza pensare ad ogni passaggio. Insomma: capire una tecnica è l’inizio (acquisizione), ma servono molte ore di pratica perché diventi parte del tuo modo di disegnare (assimilazione).
L’arte di imparare sbagliando
Questa distinzione tra acquisizione e assimilazione l’hanno ben compresa anche artisti famosi. Katsushika Hokusai, maestro giapponese dell’ukiyo-e, scrisse a 75 anni che tutto ciò che aveva fatto prima dei 70 anni “non vale la pena di essere ricordato”; continuò a dire che a centodieci anni ogni suo tratto “sarà in me vivente”. In sostanza, Hokusai insisteva: ci vuole una vita di pratica per rendere ogni linea veramente viva. Allo stesso modo, maestri come Leonardo o Michelangelo dedicarono anni a schizzi anatomici e studi di prospettiva: non bastava sapere la teoria, bisognava farne migliaia di prove su carta.
Anche sul piano tecnico possiamo vedere la differenza. Per imparare la prospettiva si leggono prima le regole, ma poi solo disegnando città, interni e oggetti mille volte la prospettiva diventa naturale nel tocco. Stessa cosa per le tecniche di chiaroscuro: si può studiare la teoria delle luci e ombre, ma solo praticando ripetuti esercizi di ombreggiatura si assimila il contrasto in maniera spontanea. In ambito manga, si parla spesso di “ganbaru” (dare il massimo in quello che si fa) ad esempio un mangaka impara disegnando pagine su pagine, anche quando crede di aver capito l’arte del tratto, perché solo così la tecnica diventa davvero sua.
In sintesi, capire una tecnica è solo il primo passo: la si acquisisce con lo studio, ma la si assimila solo praticandola a lungo. La teoria avvia l’apprendimento, ma è la pratica costante che lo completa. È il motivo per cui anche gli artisti più esperti continuano a esercitarsi. Quindi non fermatevi alla comprensione: disegnate, sbagliate e riprovate ogni giorno. Solo così una tecnica diventa parte del vostro stile, proprio come desiderava Hokusai.
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